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«Augias spia di Praga, in cambio di un uovo di Pasqua»

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«È un’accusa talmente ridicola che non varrebbe la pena neanche di rispondere: ma questi sono i tempi in cui viviamo, in cui si è costretti a reagire alle calunnie mediatiche». Così Corrado Augias il 19 ottobre su “Repubblica” risponde allo “scoop” del giorno precedente sul “Giornale” di Vittorio Feltri, nel quale Augias avrebbe “scoperto” di esser stato una spia, col nome in codice “Donat”, in contatto coi servizi segreti della Cecoslovacchia dal 1963 al 1967. Contatto deludente: Augias sarebbe stato “pagato” con un uovo di Pasqua.

«Azzardo l’ipotesi che l’interesse dell’agente cecoslovacco fosse soprattutto quello di restare a Roma, che certo era molto più allegra di Praga», dice AugiasAugias, che premette: le informazioni riportate sono sbagliate e lo si potrà dimostrare, «se sarà necessario, anche in tribunale». Il “rapporto” con le spie dell’Est si sarebbe poi chiuso rapidamente, perché “non soddisfacente”: un risvolto finale quasi grottesco.

All’epoca, Augias – giornalista e scrittore – lavorava ai programmi per l’estero della Rai e si occupava di teatro, sia come critico sia per qualche testo scritto da lui stesso, come autore. «Ebbi numerosi rapporti con diplomatici stranieri di svariate nazionalità, buone e cattive», racconta Augias. «Sono andato a Berlino Est a prendere contatti con il Berliner Ensemble di Brecht, sono stato due volte a Praga a preparare un numero speciale della rivista “Sipario” sul teatro cecoslovacco. Sia a Berlino che a Praga ho incontrato molte persone, alcuni li conoscevo, altri no». Di che cosa si parlava? Teatro, cultura, ma anche governo, giornali e Rai.

Il “Giornale” scrive che il “contatto” di Augias a Roma era al bar Rosati di piazza del Popolo. «Si può immaginare imprudenza maggiore? Come insegnano i romanzi di Le Carré che abbiamo divorato da giovani – ironizza Augias – le spie si incontrano in un parco, depositando i documenti nel cavo di un certo albero. Oppure, più romanticamente, si vedono dietro il convento delle Carmelitane Scalze, possibilmente all’alba. Soprattutto mai da Rosati, perché Rosati anche oggi, ma più allora, era uno dei posti più frequentati di Roma».

La direzione della Rai si trovava in via del Babuino 9 dove c’è adesso l’Hotel de Russie. Rosati è di fronte e l’orario degli incontri era proprio quello che dice il “contatto”, cioè verso le 18-19, uscendo dall’ufficio per bere qualcosa e fare quattro chiacchiere prima di rientrare. L’interesse nei confronti di Augias, scrive il “Giornale”, derivava soprattutto dal fatto che suo suocero – come suo padre, del resto – era un alto ufficiale dell’Aeronautica militare, reduce da incarichi di rilievo nella Nato.

«Qui la faccenda diventa seria – avverte Augias – perché il generale Pasti è morto e già una volta si è tentato di infangarne la memoria». Il generale, ricorda il genero, si oppose all’acquisto dei velivoli americani Hercules C-130, quelli dello “scandalo Lockeed”. «Aveva subodorato che c’era del losco, come poi si seppe», dice Augias. «Gli aerei vennero acquistati ugualmente ma Andreotti non glielo perdonò e venne rimosso. L’uomo era di tale riservatezza che di tutta quella storia da lui non sapemmo mai una parola. E’ impensabile che mia moglie Daniela abbia dato a chicchessia gli elenchi telefonici interni del ministero dove lavorava il padre».

Nel 1967 Augias fu trasferito alla Rai Corporation di New York. Il visto gli venne rilasciato dopo che ebbe assicurato di non essere un attivista del Pci, cosa che gli americani verificarno accuratamente. Nell’accusa lanciata dal “Giornale” di Feltri, s’è insinuato l’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, alimentando il dubbio che il racconto possa essere veritiero. «D’altronde bastano dubbi e sospetti per seminare la calunnia», scrive Augias. «E infatti dal quotidiano di Feltri non ho ricevuto neanche una telefonata che avrebbe chiarito».

Secondo Augias, il “Giornale” non gli ha offerto la possibilità di spiegarsi – come vorrebbe la deontologia professionale dei giornalisti – perché l’obiettivo designato dell’attacco non era tanto lui, quanto il quotidiano “La Repubblica”, su cui Augias scrive. «Ormai – sostiene – è chiara l’azione di pestaggio mediatico, versione aggiornata del vecchio manganello. Si fruga dove si può, si cercano pezzi di vita che possano sporcare qualcuno e poco importa che siano o no veri. L’importante è sparare un titolo, una foto». Secondo Augias, la consegna è: calunniate, calunniate, qualcosa resterà. «E’ toccato ad altri, ieri a me. Basta parlare male del capo, e prima o poi arriva il colpo». Per Augias c’è «molta voglia di far male», ma «per fortuna sbagliano quasi sempre mira» (info: www.repubblica.it).

AUGIAS SPY STORY - The Italian journalist and anchorman Corrado Augias had been a spy engaged by Cech secret services? The accuse comes from “Il Giornale”, directed by Vittorio Feltri. It’s completely false and ridicle, answers Augias, ready to demonstrate his truth even to a justice Court.


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